Home Ritratto di famiglia 25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE: DEDICATA AI MIEI NONNI CHE VISSERO LA GUERRA

25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE: DEDICATA AI MIEI NONNI CHE VISSERO LA GUERRA

da Lisa Bartali
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La Festa della Liberazione, per me, è la più bella festa nazionale italiana. La liberazione dal nazifascismo. La fine delle persecuzioni razziali, della guerra, della fame, della disperazione, della paura. L’ impresa di salvataggio a cui mio nonno Gino, con la sua inseparabile bicicletta, partecipo’ durante la Seconda Guerra Mondiale è ormai nota. Come non ricordare in questa giornata il suo contributo umanitario ufficializzato il 25 aprile del 2006 dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

La bella medaglia d’oro al Valore Civile, dallo sgargiante nastro tricolore, fu rilasciata a noi familiari tutti presenti a Roma e conferita (postuma) per i meriti riconosciuti al nonno. Forse non tutti sanno che Gino Bartali, oltre che a centinaia di ebrei e perseguitati politici destinati ai rastrellamenti nazifascisti,

salvò un gruppo di quaranta inglesi, rifugiati a Villa La Selva.

La villa era sopra Ponte a Ema, zona ancora sotto controllo dei nazisti. Gino collaborò con i partigiani che lo contattarono chiedendogli di vestire l’uniforme militare fascista e portare in salvo il gruppo oltre le linee partigiane: “Mi raccomando Gino, se ti scoprono di’ che li hai catturati te!”. Così il nonno uscì dalla villa al seguito degli inglesi disposti in fila indiana, facendo finta di essere un generale a cui spettava il compito di trasportare i prigionieri. Che gran coraggio.

Pochi attimi per prendere delle “scelte impossibili”.

Primo Staderini è stato mio nonno materno. Ci ha lasciati nel 2002. Lui, a differenza di Gino, non esitò a parlarmi della guerra, benché fossi ancora adolescente. Classe 1925, fu arruolato militare nel 1943 a 18 anni. Mi narrò storie inquietanti. Senza scomporsi dalla poltrona, con la sua estrema calma mi mostrò alcuni libri di Storia dalla copertina blu. Parlavano di guerra e di violenze, e lui li custodiva preziosamente come vecchi compagni di un cammino drammatico. Fu catturato durante un rastrellamento.

Fu caricato sul treno per Mauthausen, lager nazista.

Erano già a casale Monferrato, provincia di Alessandria, quando Primo saltò giù dal treno e scappo’ tra i campi. Mi raccontò che per paura di essere ritrovato dai nazisti si rifugiò nelle fognature per tre giorni e tre notti. Senza cibo e tra gli squittii dei topi. Uscì sfinito dalla sete e dalla fame. Lungo la strada si imbatté in una cartomante che gli predisse che non sarebbe mai più tornato a casa. Lui si intestardì: “Chi io? Non tornare più a casa?”

Dal Piemonte torno’ a Figline Valdarno a piedi.

La barba lunga, magro e dai vestiti lerci. Anche i parenti a stento lo riconobbero, ma lui tornò. La Festa della Liberazione è anche la festa dei miei nonni, che hanno vissuto la guerra con i suoi tanti tormenti. Attimi di panico e di violenza. E’ la festa di quelli che ce l’hanno fatta a salvarsi. Di quelli che hanno rischiato la loro vita per salvare gli altri, amici e sconosciuti. E’ la festa di chi ha dato la vita per salvare un’Italia vittima di agonia e ingiustizie.

Sono passati settantadue anni. Ai giovani può sembrare storia di un’ Italia remota, ma le guerre sono ancora oggi sotto i nostri occhi. Non dimentichiamo le difficoltà subite dai nostri nonni. I danni che le guerre provocano, vinte o perse. Non dimentichiamo di provare gioia nelle piccole cose: una casa, una famiglia, il pane in tavola, la luce del sole, la libertà di essere ciò che siamo.

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