Mio padre Luigi Bartali, secondogenito di Gino Bartali, è sempre stato per lo più introverso e non ha mai parlato molto del nonno. Si può definire un uomo di fatti, più che di parole. Invece io, alle parole, ho sempre dato una certa importanza. Tante cose riguardo ad un grande campione come il nonno, le ho apprese leggendo libri. Un po’ controvoglia mio padre inizia a rispondere alle mie domande. Poi dopo una mezz’ora, con la penna fumante, finisco col dirgli: “Aspetta! Ho già scritto cinque pagine!”. Ho deciso così di dividere in due articoli questa nostra chiacchierata.
Da dove iniziamo? Mi chiede. Bella domanda, non basterebbe un libro!
Inizia lui spontaneamente parlando di come Gino e Adriana si conobbero la prima volta.
“ Il Berti aveva una pasticceria in Via del Corso a Firenze, erano molto amici e Gino andava spesso a far colazione da lui, anzi più che altro ci andava la sera a fine allenamento. Davanti al Berti, dalla parte opposta della strada, c’era un negozio chiamato magazzino Quarantotto, al numero civico 48, in cui si vendevano vari prodotti tra cui stoffe. Un giorno mentre il babbo era a far colazione seduto dentro la pasticceria del Berti intravide, oltre le vetrine, l’Adriana, che vi lavorava come commessa.
Dopo qualche tempo Gino si fece coraggio e le chiese di accompagnarla fino alla fermata del tram. La mamma, l’Adriana, abitava nel quartiere delle Cure, quindi era solita prendere il tram per recarsi a lavoro. Con piacere trascorsero quel breve tragitto insieme e Gino si ripropose di accompagnarla anche nei giorni seguenti. A volte con la presenza del fratello di Adriana, Giorgio. Erano altri tempi e i fratelli erano soliti vigilare le sorelle. Così, passeggiata dopo passeggiata, Adriana divento’ sua moglie. Era il 1940.”
Un’infanzia alla luce e all’ombra di un grande campione..
Sapendo di qualche avvenimento dell’infanzia di mio padre, non tanto spensierata, mi sorge spesso la domanda di come fosse stata mia nonna Adriana nelle sue vesti di madre. “La mamma per stare dietro a Gino e alla sua carriera che richiedeva continui spostamenti, ha preferito mettere in collegio noi figli maschi, semplificando a suo modo le cose, a scapito di una regolare routine familiare.
Io mi ero reso conto che il babbo era una persona fuori dal comune. Anche per la quantità di lettere che riceveva ogni giorno, che andavano a formare montagne di documenti sulla scrivania. Tanto era il lavoro, che Gino aveva assunto un segretario il cui compito era di aprire la corrispondenza, leggerla, e far visionare al babbo le questioni di un certo rilievo.
“Stranamente” la maggior parte delle richieste riguardavano aiuti economici! Il babbo ha aiutato tante persone, per lo più istituti e collegi. Gino raccontava pochissimo di sé in famiglia, ma gli piaceva dare soddisfazioni agli ammiratori quando con vivo entusiasmo gli facevano domande sul suo sport.”
“Hai qualche rimpianto?”una domanda delicata.
“Mi sarebbe piaciuto andare in bicicletta insieme a lui da ragazzo”
“Ma come! Non siete mai stati in bicicletta insieme?” Poi rifletto, e ricordo al babbo che neanche noi l’abbiamo mai fatto!
“ Quella volta che ci trasferimmo in auto alla nostra residenza di Siena, lui in bicicletta mentre Adriana guidava la Giardinetta, in cima a Castellina in Chianti ci si fermo’. Il babbo scarico’ dall’auto la mia biciclettina e mi disse che da lì avremmo potuto andare in bicicletta fino alla casa di Siena! Insieme siamo riusciti a fare tre curve. Alla fine della terza gli sono andato addosso e siamo caduti entrambi! Fu la prima e l’ultima volta.”
Gino e i suoi amici a quattro zampe!
Il nonno ha sempre amato gli animali, forse perché cresciuto in un paese ai margini di Firenze che un tempo era circondato da campi e fattorie. Mio padre racconta: “Quando abitavamo in Via Mascagni a Firenze avevamo un boxer di nome Ash. Qualche anno dopo, nella villetta di Siena, arrivò Dik, un pastore tedesco grigio- bianco che Totò regalò al babbo. Si sappia che Totò fu un grande cinofilo. Acquistò anche un canile, offrendo protezione e cure ai randagi. Gino accudì per anni anche Alì, il barboncino nero dell’appartamento di Viale Matteotti. Da ricordare l’amore speciale per il pony Duli e l’esperienza più recente con la scimmia Miro. Anch’essa gli fu regalata, ad una fiera. Fu portata a casa in una piccola gabbia. L’abitazione al terzo piano di Piazza C. Elia dalla Costa non era proprio il suo ambiente. La scimmietta era tenuta in gabbia perché libera era ingestibile. Gino infilò un dito tra le sbarre cercando di accarezzarla con buone intenzioni..Miro con rabbia gli morse il dito! Di lì a due giorni la scimmia fu portata allo zoo di Pistoia.
Foto da archivio di famiglia, tutti i diritti riservati
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3 commenti
Grazie Lisa per quello che hai scritto e scriverai. Non sapevo del Collegio. E’ bello anche rendersi conto dei sacrifici che sono stati fatti da parte della famiglia di Gino, sacrifici che hanno però permesso a lui di fare quello che ha fatto…
Beautiful story. Unfortunately, the Museo del Ciclismo Gino Bartali was closed last May when I was in Florence to research Gino.
The Museum is not open all the week but only friday, saturday and subday. In this month of May is often open since there are lots of events.