La bicicletta ebbe un dinamico sviluppo nella nostra società a partire da fine ‘800 , messe a punto alcune modifiche tecniche che ne migliorarono l’utilizzo. Il 1909 fu l’anno del primo Giro d’Italia. Fu proprio per un discorso agonistico e sportivo che la bicicletta divenne “famosa”.
La bicicletta e i mestieri di strada si diffusero nei primi decenni del ‘900
La bici entrò a far parte della quotidianità, diventando un mezzo di spostamento casa – lavoro e in certi casi un vero e proprio strumento di lavoro. Un tempo il commercio ambulante era molto diffuso, c’è chi ne faceva una scelta di vita ben organizzata, e chi lo utilizzava per arrotondare lo stipendio. Contribuiva a far girare l’economia di quartiere, vivacizzava la città e fungeva da aggregazione sociale. Un modo di vivere ormai lontano da noi. La bici costituiva, per gli artigiani e piccoli venditori, un’alternativa più economica e meno impegnativa dell’impiego di animali da traino. Vediamone insieme alcune tipologie in voga nella Firenze del secolo scorso. In evidenza i modelli che mi hanno più ispirata!
La bici dell’arrotino
Un esemplare è conservato nella prima sala del Museo del Ciclismo Gino Bartali. Per me la bici dell’arrotino è rappresentativa di tutti i mestieri. Sarà perché ho potuto osservarla da vicino, sarà per la sua struttura ingegnosa, e forse perché l’arrotino gira ancora nel mio quartiere, munito di furgone però. Oggi, a differenza di ieri, si è diffusa l’abitudine di dare poco valore a certi beni. Gli oggetti se non fungono più, si riacquistano. E’ di moda l’usa e getta. E’ anche vero che, per fortuna, non tutti seguono le mode!
“Donne è arrivato l’arrotino!” Questa voce risuonava nei vicoli, richiamava le donne in strada che si facevano affilare i coltelli da cucina, ma l’arrotino serviva anche gli artigiani che lavoravano con i ferri, i sarti con le loro forbici, i contadini con gli attrezzi agricoli. Pedalando da fermo, con la bici ben fissata a terra, l’arrotino azionava il moto circolare della pietra sulla quale venivano affilati gli utensili.
La bici del barbiere
Mestiere che un tempo era a domicilio, poi divenne lavoro di bottega, e anche mestiere di strada. I clienti erano facili da raggiungere e in particolari giorni c’era più affluenza del solito, il giorno del mercato o per le feste cittadine. I contadini che portavano il raccolto in città si facevano radere la barba a prezzi economici. La bici era munita di tutto l’occorrente: brocca d’acqua, forbici, pettini, sapone, profumi, spazzola, specchio ecc.
La bici del calzolaio
Mi soffermo su questo mestiere sia per la bicicletta, dal singolare fascino, ma altrettanto per la bellezza del mestiere stesso. Il calzolaio è una professione antica e in via di estinzione in una società consumista come la nostra, che invita a nuovi acquisti compulsivi dettati da pubblicità ossessive. Le scarpe che riteniamo da buttare, a volte non lo sono affatto. Basta un po’ di mastice, sostituire il tacco, rinforzare la cucitura sfibrata. Il calzolaio (o ciabattino) era una mestiere comune. Confezionava scarpe ma, sopratutto, ne riparava. Si aggirava con una bici dotata di varie cassette, il banco da lavoro e il panchetto su cui appoggiare le scarpe per inchiodare tacchi e suole.
La bici del cantastorie
Questo è proprio un mestiere che mi riporta indietro nel tempo. La bicicletta era anche il mezzo dell’artista di strada, che si spostava agilmente per mettersi in bella mostra di piazza in piazza. Il cantastorie si aggirava in città con il suo carro ” teatro” o con una bicicletta munita di vari strumenti musicali: tromba, fisarmonica, grammofono. Un mestiere intrigante, oggi totalmente scomparso nel nostro costume, che merita la dovuta citazione, e fotografia. Per me è la bicicletta più romantica di tutte, insieme a quella del pittore!
La bici del postino
Forse in alcuni paesi di provincia il postino ancora oggi si muove in bicicletta. A casa mia arriva sempre in scooter. Il postino, con la classica cartella colma di lettere, rientra nell‘immaginario collettivo dei mestieri in bicicletta. Conservo una bella cartolina acquistata presso un mercatino che ritrae Massimo Troisi nelle vesti di postino innamorato nel film Il postino di Michael Radford. La bicicletta in questo caso è meno strutturata: una borsa porta lettere davanti, anche fissa, e una valigetta per le raccomandate sul portapacchi posteriore.
Tanti sono i mestieri in bicicletta: il venditore di sale, il burattinaio, lo spazzino, il burraio, il pompiere.
Oltre ai sopra illustrati, ha colpito la mia attenzione la bici del bottaro, di cui ignoravo l’esistenza. Il nome deriva da botte, contenitore che custodiva il vino, alternativa ai vasi in terracotta. Certo è che il vino, sulle tavole toscane, non mancava mai, e il bottaro ( o bottaio ) aveva diverso lavoro da sbrigare nel costruire e riparare botti. Sulla sua bici c’era tutto il necessario: ascia, morsetti da falegname, carrucola in legno, pialla per botti, ecc.
Altro mestiere in bicicletta era quello del militare. Nel 1911 l’azienda Edoardo Bianchi fornì al ministero della guerra le bici per il reparto dei bersaglieri ciclisti, 63 mila pezzi. Sempre al Museo Gino Bartali a Ponte a Ema è esposto un esemplare magnificamente conservato, modello C Ufficiale Bersagliere.
Girando in bici in città ho notato che, anche a Firenze, il mestiere del fattorino in bicicletta sta rientrando nel nostro quotidiano. I riders si occupano non solo della consegna di cibo, il così detto “food delivery”, ma sono anche corrieri che trasportano pacchi di corrispondenza con ampie cargo bike. Dei vecchi mestieri in bicicletta però, non vi è più traccia “vivente”. Ormai è solo storia di un’Italia povera, sognante, verace.
Alcune delle informazioni principali sono tratte dal libro ” Le botteghe fiorentine su due ruote “ di Luca Giannelli che illustra la collezione di biciclette da lavoro di Marco Paoletti e Duca srl.