Circa un paio di settimane fa eravamo a raccontarvi dell’imminente impresa che avrebbero compiuto alcuni giovani ciclisti, rievocando la tappa Firenze – Genova come nel primo Giro d’Italia del 1909. Un progetto che unisce la passione per il ciclismo storico e l’impegno sociale in sostegno di AVIS. Rinfrescatevi la memoria cliccando qui per leggere l’articolo precedente!
Come promesso, ecco per tutti voi che avete seguito con curiosità questa avventura, un reportage di viaggio. Lo scorso 1 Luglio, Alessandro e Fabio partivano con bici da corsa moderne
sulle strade di 109 anni fa, ripercorrendone le stesse altimetrie.
Insieme a loro, all’alba di una domenica fiorentina scandita dai primi esodi per le vacanze, si uniscono altri ciclisti: Luca Neri e Piotr Mos (che poi proseguono per tutta la tappa) Mario Clanella, Marco Nustrini e Gino Bernabei, che si inseriscono nel primo tratto. Dalla Fortezza da Basso i tre scortano il gruppo attraverso Prato giungendo fino a Pistoia. Come mi racconta Alessandro ” Si sono fatti una levataccia al pari della nostra e non dimenticheremo il loro aiuto!” . Il lungo viaggio di 294 km si alleggerisce stabilendo turni per chi corre davanti e chi invece sta a ruota, al riparo dal vento. Le prime luci brillanti del mattino preannunciano una giornata molto calda. Per fortuna ci sono molte fonti per idratarsi.
La staffetta prosegue e nel viaggio si inseriscono via via nuovi compagni
“Prima di Pistoia ci hanno atteso l’amico Riccardo Montemagni, il suo compagno di squadra Vincenzo Pellegrinetti e Stefano Sichi presidente dell’Avis bike Pistoia. Quest’ultimo è stato contattato dalla campionessa lituana Edita Pucinskaite che ringrazio particolarmente. Non solo per averci scortato insieme agli altri, ma per la disponibilità a impegnarsi quando il ciclismo incontra un progetto di solidarietà”. Alessandro mi parla con entusiasmo di questa corsa, il cui risultato, nonostante complicazioni tecniche lungo il tragitto, è stato ancor meglio delle aspettative. Un’ iniziativa che nasce dalla voglia di mettersi alla prova su percorsi ardui, ma anche nell’intento di promuovere la donazione di sangue.
Proseguendo nel nostro reportage di viaggio, scopriamo che per i primi 200 km tutto fila liscio. Da Pescia alla Versilia si unisce Michele Ceccotti, trait d’union tra il plotoncino pistoiese e i due atleti versiliesi, Daniele Galeotti e Antonio Fantini. Questi ultimi scortano Alessandro e Fabio fino alla Foce di Spezia. Ricordo che tanti di questi ciclo-amatori sono anche donatori Avis.
Le disavventure arrivano un po’ più tardi, quando iniziano le salite!
In terra ligure, rimasti in quattro, si sale per il Passo del Bracco. Iniziano le prime forature. La strada è vecchia e l’asfaltatura mal tenuta. “In una decina di chilometri abbiamo forato 5 volte. C’è stato qualche momento di panico. Avevamo naturalmente delle camere d’aria di scorta, una a testa. Abbiamo perso un’ora buona, forse di più. Fortunatamente siamo stati raggiunti dal furgoncino Avis a Sestri Levante. Alla guida le nostre fidanzate, Sara Ficini e Sara Bonsignore e la moglie di Piotr, Iwona.”
Intervenuti anche alcuni compagni del team di Sara Ficini, che stavano partecipando ad una corsa amatoriale e, una volta saputo del problema, hanno caricato sul furgone le parti di ricambio. Sostituendo tutta la ruota, è stato più immediato riprendere la corsa. Per questo notevole aiuto non scordiamo di menzionare Katiuscia Biondi, Massimo Lari e Giovanni Puccinelli.
” Dopo 11 ore in sella, e 2 di pause, siamo giunti a Genova. Non posso non ringraziare Alberto Fipro per i tanti consigli su come attraversare il tentacolare capoluogo ligure. Considerando le due ore perse tra soste e incidenti tecnici, possiamo ritenerci soddisfatti. Sopratutto c’è stata tanta partecipazione”. Ringrazio ancora Alessandro e Fabio per avermi contattata e descritto tutto dettagliatamente: percorsi, luoghi e incontri. E’ stato un piacere essere la voce narrante del capitolo introduttivo, e poi del relativo reportage di viaggio, di un’ avventura che ha unito storia e sport ad un bellissimo progetto solidale.
Che lo sport sia scuola di vita e solidarietà, proprio come diceva mio nonno Gino